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Il falso Made in Italy ci costa 60 miliardi

contraffazione alimentareLa contraffazione e la falsificazione dei prodotti alimentari Made in Italy fa perdere all’Italia oltre 60 miliardi di euro di fatturato che potrebbero generare reddito e lavoro in un difficile momento di crisi. E’ quanto afferma la Coldiretti nel commentare positivamente l’ operazione del Corpo forestale dello Stato che ha scoperto tra le province di Modena e Grosseto un commercio illegale di formaggi e affettati venduti come Made in Italy, ma in realtà provenienti dalla Germania e dalla Repubblica Ceca. La lotta alla contraffazione e alla pirateria rappresentano per le Istituzioni – sottolinea la Coldiretti – un’area di intervento prioritaria per recuperare risorse economiche utili al Paese. Per questo per supportare l’ottima attività delle forze dell’ordine occorre stringere le maglie larghe della legislazione nazionale e comunitaria con l’estensione a tutti i prodotti – precisa la Coldiretti – dell’obbligo di indicare in etichetta la provenienza delle materie prime impiegate negli alimenti. Tre prosciutti su quattro venduti in Italia sono in realtà ottenuti da maiali allevati all’estero mentre circa la metà delle mozzarelle è fatta con latte straniero come pure tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro, ma questo – denuncia la Coldiretti – il consumatore non può saperlo perché non è obbligatorio indicarlo in etichetta. In generale secondo l’indagine Coldiretti/Eurispes, il 33 per cento dei prodotti agroalimentari venduti in Italia ed esportati (per un valore di 51 miliardi di euro) deriva da materie prime importate e rivendute col marchio Made in Italy. Eppure in Europa si procede con estrema lentezza anche per effetto della pressione delle lobby con il Regolamento (Ue) n. 1169/2011 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori approvato nel novembre 2011 che entrerà in vigore solo il 13 dicembre 2014 per l’obbligo di indicare in etichetta l’origine delle carni suine, ovine, caprine e dei volatili mentre per le carni diverse come quella di coniglio e per il latte e formaggi tale data – continua la Coldiretti – rappresenta solo una scadenza per la presentazione di uno studio di fattibilità. Ad oggi, quindi, in Europa è in vigore l’obbligo di indicare l’origine della carne bovina dopo l’emergenza mucca pazza mentre dal 2003 è d’obbligo  indicare varietà, qualità e provenienza nell’ortofrutta fresca, dal primo gennaio 2004 c’è il codice di identificazione per le uova, a partire dal primo agosto 2004 l’obbligo di indicare in etichetta il Paese di origine in cui il miele è stato raccolto e dal 1° luglio 2009 l’obbligo di indicare anche l’origine delle olive impiegate nell’olio. Ma l’etichetta – precisa la Coldiretti –  resta anonima oltre che per gli altri tipi di carne anche per i salumi, i succhi di frutta, la pasta ed i formaggi. L’Italia sotto il pressing della Coldiretti è all’avanguardia in questo percorso: il 7 giugno 2005 è scattato l’obbligo di indicare la zona di mungitura o la stalla di provenienza per il latte fresco; dal 17 ottobre 2005 l’obbligo di etichetta per il pollo Made in Italy per effetto dell’influenza aviaria; a partire dal 1 gennaio 2008 l’obbligo di etichettatura di origine per la passata di pomodoro.

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